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sabato 19 dicembre 2009

COP15 - COPENHAGHEN



 Il summit di Copenaghen si è concluso ieri, in tarda notte, anche se a livello ufficiale praticamente i giochi si sono conclusi alle prime ore dell’alba. Il risultato per alcuni (specialmente Cina e Stati Uniti) è una vittoria risicata, per altri (Paesi insulari e poveri in generale) è stata una cocente sconfitta, ma l’impressione generale è che si sia trattato di un pareggio che rimanda tutto, per usare una terminologia calcistica, al “match di ritorno” che si terrà da qui a un anno.
Con l’arrivo di Barack Obama nella notte del 17 sembrava che si dovesse trovare un accordo finale, ed infatti una sorte di accordo è stato trovato, ma di certo non quello che scienziati, ambientalisti e Paesi in via di sviluppo si aspettavano. Obama ha subito dichiarato che ci saremmo dovuti accontentare di un accordo, anche se imperfetto, ma sembra che quello trovato sia completamente sbagliato.
Il punto più importante, quello che salta all’occhio, è che non ci sono vincoli. Non si può parlare dunque di trattato vincolante (questo, se tutto va bene, sarà firmato tra un anno), ma in un certo senso di quello che diceva il delegato cinese due giorni fa, e cioè di un semplice “accordo politico di qualche tipo“. Le uniche cifre che sono state fatte sono quelle del massimo di incremento della temperatura media globale, fissata a 2 gradi centigradi, e gli aiuti ai Paesi poveri. Ma se sul fondo l’accordo può anche andar bene (10 miliardi entro il 2012, 50 entro il 2015 e 100 miliardi entro il 2020), quello sull’incremento delle temperature non va bene affatto. La maggior parte degli scienziati concordano col dire che, per com’è adesso la situazione delle emissioni, se poniamo il limite ai 2 gradi, con molta probabilità si arriverà ad aumentare le temperature di 3-3,5 gradi. Ciò che i Paesi insulari chiedevano, per evitare di essere inondati dall’aumento del livello degli oceani, era che le temperature si sarebbero dovute alzare di al massimo 1,5 gradi. (Marco Mancini)
 

 
Quattro punti controversi

Limite all'aumento della temperatura a 2°C e non 1,5°
Il primo punto è quello della soglia massima di aumento della temperatura media dovuta al riscaldamento globale: la seconda delle tre bozze successive di accordo prevedeva che tale soglia, oggi fissata a 2C, venisse portata a 1,5C. Per diversi Stati insulari questo mezzo grado di temperatura in più significherebbe finire sott’acqua.

Nessun taglio del 50% delle emissioni entro il 2050
Il secondo punto che gli oppositori dell’accordo lamentano è la soppressione, nella terza bozza, dell’impegno a ridurre le emissioni globali del 50% entro il 2050. Si tratta, anche in questo caso, di un elemento che faceva parte della seconda bozza, ed è poi stato cancellato.

Niente prolungamento di Kyoto oltre il 2012
In terzo luogo, i paesi in via di sviluppo chiedono che sia previsto nell’eventuale accordo internazionale il prolungamento del Protocollo di Kyoto oltre il 2012, con un nuovo periodo d’applicazione (Kyoto II) dal 2013 al 2020.

Ancora niente tagli vincolanti entro il 2020
Manca, infine, nella bozza di accordo la percentuale complessiva di riduzione delle emissioni globali al 2020 da parte dei paesi più avanzati, anche perché il testo non contiene ancora tutti i piani di tagli dei gas serra, che gli Stati membri dovrebbero adottare entro gennaio. Questi obiettivi, i più ravvicinati, sono anche considerati i più importanti dagli esperti, perché se approvati consentono di ridurre le emissioni gradualmente, senza costringere i Paesi a tagli ancora più pesanti e difficili fra 2020 e 2050.
 

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